70 anni per la cappella votiva della Rocca U Bannu. Celebrata la caratteristica messa tra i boschi
Sono trascorsi settant’anni da quando è stata eretta la piccola nicchia votiva sita alla Rocca U Bannu, dove anche quest’estate si è rinnovato l’atteso appuntamento con la caratteristica messa celebrata all’aperto, a Sant’Angelo di Brolo, tra il verde dei Nebrodi.
Si tratta di una funzione religiosa dai tratti davvero esclusivi perché resa solenne all’aria aperta, in un luogo del tutto particolare e suggestivo, la nota Rocca U Bannu, in contrada Irianni. Non si tratta soltanto di una semplice messa, ma è un vero e proprio momento di raccoglimento molto sentito e atteso, che si svolge lì almeno una volta all’anno, ormai da molto tempo, preferibilmente nel mese di agosto. Viene commemorata tra i boschi, in piena immersione nella natura e nel silenzio, in suffragio della popolazione locale che non c’è più. La peculiarità della stessa, oltre al compito religioso e spirituale che porta con sè, è proprio l’ambiente in cui viene celebrata, ricco di memoria storica per i santangiolesi, uno spazio naturale in cui è stata costruita una piccola cappella contenente la statua della Madonna, che ha compiuto settant’anni dalla sua creazione, esattamente nel 1953. A celebrare la messa del 18 agosto 2023 è stato il Parroco Michele Fazio.
Un posto avvolto nel verde, tra le colline del paese, è dunque quello che accoglie la prominente Rocca u bannu, ovvero la “Rocca del Bando”, una possente massa rocciosa che si trova in un territorio che purtroppo nel corso del tempo, è stato soggetto anche ad un progressivo processo di spopolamento. E’ possibile scorgere tra questi massi forme antropomorfe e zoomorfe. Ed era proprio dalla sommità di queste rocce, tramite appositi banditori, che venivano proclamate le ordinanze da parte del governo saraceno agli abitanti del borgo e dintorni. Un’altura che grazie alla sua naturale conformazione geografica permetteva di annunciare i bandi al popolo. Irianni è infatti una contrada di Sant’Angelo di Brolo che è stata luogo di riparo per i Saraceni, ai tempi della loro dominazione, i quali lasciarono la propria impronta nella toponomastica e quindi nel nome della contrada che è di origine araba.
Tradizioni che si rinnovano nel tempo con lo scopo di mantenere viva la memoria di un passato originale.